Chiesa S.Pietro in Banchi

Chiesa S.Pietro in Banchi

Tra le chiese genovesi, San Pietro in Banchi merita una particolare attenzione,non solo come pregevole esempio di architettura del Cinquecento.

Erede di una delle più antiche chiese del centro urbano,ubicata in un punto nevralgico dei percorsi, direttamente a contatto con il porto antico, non cessò mai di rappresentare la porta di accesso alla città dal mare,frequentata non solo dai pellegrini diretti al monastero di San Colombano di Bobbio, a cui in origine apparteneva, ma anche da crociati e naviganti, artigiani e commercianti, banchieri e lobbisti.

Una storia densa, ramificata, intrecciata con il potere politico ed economico che aveva sede nei vicini palazzi Ducale e San Giorgio, e nella loggia di Banchi. Proprio per la sua ubicazione fu interessata dalle lotte tra le fazioni che animarono la vita politica cittadina del Trecento, subendone le conseguenze, fino alla rovina, avvenuta nel 1398. Nel 1580, nel pieno del siglo de los genoveses, corrispondente all'età del loro della storia economica cittadina, il Senato genovese decide di completare la chiesa, la cui costruzione venne iniziata, non senza problemi finanziari nel 1572, in segno di ringraziamento alla Madonna per la fine della peste.

Questa chiesa, edificata durante la radicale trasformazione della Piazza Banchi, venne orientata nella direzione sud-nord in modo che la facciata principale dell’edificio prospettasse sulla piazza e non a lato mare come la precedente. E' singolare il confronto con un tempio votivo eretto negli stessi anni in un'altra città commerciale marittima, Venezia: con decreto del Senato del 1576 venne qui costruita, nell'isola della Giudecca, lontano dal centro urbano, la chiesa del Redentore, su disegno del più affermato architetto veneto del tempo, Andrea Palladio.

Contrariamente alla città rivale, a Genova fu deciso di costruire un tempio nel centro stesso della city, quasi a voler rafforzare il concetto che il potere economico della repubblica oligarchica ha origine divina. Un edificio costruito apparentemente in tono minore, determinato dall'esiguo suolo disponibile, ancorchè di elevato valore per la posizione centralissima. Attorno al cantiere girano i nomi dei maggiori architetti del tempo: Bernardino Cantone, responsabile del progetto urbanistico di Strada Nuova, Andrea Ceresola detto il Vannone, autore del Palazzo Ducale e della loggia dei Banchi, Marcello Sparzo, stuccatore al servizio di Galeazzo Alessi. Un disegno architettonico non immemore dell'esperienza alessiana, da cui deriva l'idea della pianta a croce greca inscritta di matrice bramantesca, introdotta a Genova dall'architetto perugino nella basilica di Santa Maria di Carignano.

Ma c'è un altro aspetto da sottolineare: la costruzione dell'edificio, sostenuta dal governo e pertanto assimilabile ad un'opera pubblica, doveva autofinanziarsi, con i proventi degli affitti del negozi del piano strada: una sorta di project financing ante litteram, che mostra, ancora una volta, la modernità della classe politica genovese del Cinquecento.


Struttura architettonica

La chiesa di San Pietro in banchi è realizzata su un basamento costituito da botteghe e magazzini. Attraverso uno scalone si accede ad un terrazzo che circonda la chiesa, e ad un porticato antistante la facciata principale. Il portico è diviso in tre campate con volte a crociera affrescate. La chiesa presenta due campaniletti laterali sul fronte ed uno posteriore più grande, lato mare. La copertura è costituita da un tetto a falde molto aricolato e da una cupola, rivestita di ardesie sagomate a squama, impostata su un tamburo ottagono, con lanternino. La chiesa ha unica navata con quattro cappelle di ridotte dimensioni, un abside molto profondo ed un breve transetto.

Esterni

La facciata principale è decorata con architeture dipinte, mentre i prospetti laterali e posteriore, che non erano mai stati completati, conservarono l'intonaco al rustico, colorato i pasta con colore neutro chiaro della gamma delle terre , e le lesene, i capitelli, le cornici sono appena abbozzati.

Facciata della Chiesa

Facciata della chiesa

Interni

Nell’interno il rivestimento in marmo bianco è, in Genova, un bell’esempio di armonia e di classico equilibrio.

Notevoli gli stucchi della calotta absidale, ritenuti il capolavoro di Marcello Sparzo; essi rappresentano momenti della Passione di Cristo, la SS. Trinità e la consegna delle chiavi a S. Pietro, titolare della Chiesa.

Zona absidale

Zona absidale

Sulla sinistra, la splendida cappella dell’Immacolata con la tela di Andrea Semino (1588) sovrastata da affreschi di Andrea Ansaldo (“Madonna in trono” e “Presentazione al tempio”, 1630) e statue dei santi Giovanni Battista e Giorgio (patroni della repubblica) e Rocco e Sebastiano (invocati contro la peste) opere di Taddeo Carlone e Daniello Casella.

Questa cappella fu infatti fatta erigere dalla Repubblica di Genova come voto per la cessazione della peste del 1578, come recita l’epigrafe incisa sopra la tela della Vergine. Lo stemma della città posto sopra il fastigio della cappella stessa sta a confermare che “de jure”questo altare apparteneva, ed appartiene, al Comune di Genova.

Nella cappella di fronte, dedicata a S.Giovanni Battista, la pregevole tela del martirio del Santo, opera del pittore lucchese Benedetto Brandimarte.

Decollazione del Battista di Benedetto Brandimarte

Decollazione del Battista di Benedetto Brandimarte

Splendidi i marmi della mensa dell’altare maggiore e a, sinistra, il crocifisso settecentesco che un recente restauro ha riportato alle sue armoniose forme estetiche ed all’intensa espressività.

Nella cappella a destra è collocata una statua in gesso (calco servito per una fusione in bronzo). Questa bella statua è stata trovata con le mani accidentalmente spezzate, nel magazzino di un marmista.

Immacolata: La tela è dominata dalla figura della Vergine che avanza; ella è connotata dagli attributi della Donna dell'Apocalisse descritti da San Giovanni nella sua visione, ovvero la falce di luna e la corona di stelle, ed incede alta in cielo, le vesti mosse dal passo e dal vento, librata sopra un paesaggio marino, verso il quale rivolge i proprio fiato mortifero un mostro dalle sette teste che è senza dubbio il dragone apocalittico, ma può assumere nel contempo anche il carattere di personificazione del morbo sconfitto grazie alla mediazione di Maria. Il dipinto del Semino è, sotto il profilo iconografico, un riferimento importante per altre pale genovesi rappresentanti il medesimo tema, ad esempio per quella di Benedetto Castello per l'altare della cappella dell'Immacolata nella Chiesa di San Francesco d'Assisi in Albaro.

L'Immacolata di Andrea Semino

L'Immacolata di Andrea Semino

Le Guide

La descrizione dell’Anonimo è, come sempre, molto dettagliata e precisa nell’elenco delle opere presenti; «è un piccolo ma bel vaso di architettura […] principiata da Taddeo Carlone, e terminata da Daniello Casella suo allievo. Ella è d’architettura assai gentile, tutta interiormente incrostata di marmi sino al cornicione, e sopra di esso ornata di stucchi, siccome anche nel coro, e nella cupola di cui gli angeli son dipinti da Paolo Girolamo Piola di Domenico. Ha quattro sontuose cappelle e più il presbiterio» .


La Chiesa di san Pietro in Banchi, venne edificata sull’area della chiesa di San Pietro della Porta, andata distrutta nel 1398, a seguito di un incendio scoppiato a causa di una rivolta cittadina.
«Scemato a buon termine il contagio del 1579 il giorno festivo all’Immacolata, il Senato si votò d’una Cappella alla Vergine di questo titolo, e disegnò di innalzarla rifabbricando ad un tempo la chiesa e serbandole il titolo antico […]. Per atto del 18 settembre 1581 si commettevano per questa fabbrica in Roco Lurago architetto, e in due maestri scultori, Taddeo Carlone e Francesco dell’Angelo»
La chiesa fu finanziata, grazie all’affitto e alla vendita delle botteghe collocate sotto di essa.
L’interno è ad una sola navata «con vaga cupola e quattro cappelle oltre la tribuna […] quant’è di ornamenti marmorei, il Carlone v’ha il più grande merito.»


Jacob Burckhardt nel capitoletto sul Paggi cita il primo altare a sinistra della Chiesa, asserendo sia una delle opere nelle quali il Paggi ricorda di più lo stile dei Fiorentini; anche nel paragrafo dedicato a Matteo CivitaliBurckhardt scrive in merito alle statue in S.Pietro, eseguite da Taddeo Carlone e dalla sua scuola, affermando che fossero copiate di sana pianta da quelle di Civitali.
Per quanto riguarda la Loggia scrive che è sontuosa, e che è stata eseguita sul disegno dell'Alessi.


Note

Un’antica tradizione, confermata da Jacopo da Varagine, vuole che i primi evangelizzatori dei liguri, Nazario e Gelso, proprio in questo luogo, abbiano predicato la parola di Cristo.


Bibliografia

Chiesa di San Pietro in Banchi. Nuova chiave di lettura per San pietro della Porta. Studi e restauri effettuati negli anni 1985-2006, a cura di Rita Pizzone, con la collaborazione di Paola Parodi e Stefano Vassallo, San Giorgio editrice.

Riccardo Navone, Viaggio nei Caruggi, edicole votive, pietre e portali, fratelli Frilli Editori, Genova, 2007


Bibliografia Guide

  • Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 32-35
  • Burckhardt Jacob, Il Cicerone. Guida al godimento delle opere d’arte in Italia, Sansoni, Firenze 1952, pag. 1101, 662, 382
  • Poleggi Ennio e Poleggi Fiorella (Presentazione, ricerca iconografica e note a cura di), Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova, Sagep, 1969 pag. 189-190
Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022